Tra seghetti, tappi della misura sbagliata e rubinetti ostinati, l'aiuto degli amici si rivela prezioso. Alla fine, il successo arriva giusto in tempo per un barbecue all'aperto, dove i wurstel sulla brace e l'aria di campagna rendono tutto più gustoso e soddisfacente.
La schiuma del cappuccino, densa e vellutata, sembrava una soffice nuvola, quasi sospesa sopra la tazza. La superficie era liscia, con una foglia disegnata grazie al caffè sottostante, dimostrando l'abilità di chi l'aveva preparato.
Versai le bustine di zucchero; la prima tutto intorno al cerchio di schiuma e la seconda direttamente nel centro cosicché il peso dei granelli li fece affondare lentamente. Immersi il cucchiaino e iniziai a mescolare osservando la foglia che poco alla volta svaniva nel vortice della schiuma.
E mescolo, e mescolo. Osservai affascinato quel piccolo uragano nella mia tazza bianca. E mescolo. Il contrasto tra il bianco candido della schiuma e il marrone dorato del caffè prometteva un'esperienza gustativa piacevole. E mescolo cercando di indovinare se lo zucchero si fosse sciolto completamente. E nel dubbio, continuo a mescolare.
Ripensai ai tempi dell'università, di fronte alla macchinetta del dipartimento facevo la stessa cosa con il bicchierino di plastica. Mentre tutti i miei compagni avevano già finito il loro caffè io stavo ancora mescolando cercando di capire con la palettina di plastica se lo zucchero si era completamente dissolto nel liquido caldo. Troppo caldo perché io potessi berlo e così mescolavo. I miei amici mi prendevano in giro, scherzavano dicevano che mescolavo così tanto il mio caffè che questo si riscaldava per effetto Joule: quel particolare fenomeno fisico per cui quando mescoli un liquido, l'attrito tra le sue molecole e l'agitatore e tra le molecole del liquido stesso, causa la conversione dell'energia meccanica in calore.
"Oh, ci sei?"
La nuvola in cui mi trovavo si dissolse all'improvviso. Intorno a me apparve il bar, animato da un chiacchiericcio sommesso, il suono delle tazzine che tintinnavano e il rumore del vapore che usciva dalla macchina del caffè.
Guardai Lucia, seduta di fronte a me, senza capire.
"Non hai ancora bevuto il tuo cappuccino, la brioche è molto buona, è ancora calda"
Terminai con calma di mescolare il cappuccino e lo bevvi accompagnato dalla brioche calda e fragrante.
La nostra giornata era cominciata bene. Ora si trattava di raggiungere gli obiettivi della giornata. Primo rimuovere il moncone di raccordo rimasto nel tubo di mandata della cucina e, secondo, definire una volta per tutte quale contatore dell'acqua avrei dovuto far attivare dal servizio idrico. Con questi pensieri ci dirigemmo verso casa.
Può sembrare sciocco, ma ogni volta che vedo apparire la casa da dietro la curva dello stradino di campagna mi sorprendo un po' constatando che è ancora in piedi e gliene sono grato.
Sentii l'affetto ricambiato da quelle mura malconce di umidità mentre varcavo la porta senza vetri della cucina al piano di sotto, puntando deciso verso il tubo maldestro.
Qualche giorno prima provando a rimuovere un raccordo dalla mandata dell'acqua per mettere il tappo ed impedire che l'acqua ne fuoriusca quando apriremo il generale dell'acqua, avevo messo troppa energia e si era spezzato, lasciando parte del filetto nel tubo.
Il mio piano era semplice: con un seghetto da ferro tagliare di traverso l'anello che era rimasto nel tubo in modo da poterlo piegare ed estrarre. E così feci appello alla mia pazienza e iniziai a segare.
Avevo da poco iniziato a intaccare il metallo che udii il suono di una macchina che entrava nell'aia. Arano Gabriele e Luisa con Rossella. La presenza di buoni amici è sempre un toccasana, soprattutto quando c'era da affrontare qualche sfida.
Non lasciai loro neanche il tempo di ammirare un secondo il paesaggio che nel sole del mattino era sempre uno spettacolo. Esposi a Gabriele il mio piano e ci mettemmo subito al lavoro.
"Vediamo di risolvere questo enigma idraulico," disse Gabriele con un sorriso ironico, mentre si armava di pinze.
Ci volle una buona dose di ingegno per riuscire a convincere quell'ultimo pezzettino di tubo a lasciare la presa e finalmente riuscimmo finalmente a estrarre il maledetto pezzo.
"Ecco fatto," esclamò Gabriele trionfante, sollevando il frammento come fosse un trofeo.
"Perfetto, ora possiamo mettere i tappi," dissi, tirando fuori la confezione di tappi che avevo comprato. Ma il mio entusiasmo si spense rapidamente quando mi resi conto che i tappi erano della misura sbagliata. "Sono da 3/8 anziché da 1/2 pollice," dissi sconsolato. "Non capisco proprio un tubo."
Decidemmo di provare ad aprire il rubinetto generale per l'acqua al piano di sopra. Ma il rubinetto, ostinato come una vecchia quercia, non ne voleva sapere di aprirsi, neanche dopo una buona dose di svitol.
"Non ho una chiave della misura giusta," dissi, sempre più frustrato. "E con la pinza ho paura di rovinare il perno. Danni ne ho già fatti abbastanza."
"Allora facciamo un salto da BricoOk," propose Gabriele. "Compriamo i tappi giusti e una chiave adatta."
Così, senza indugio ci dirigemmo verso BricoOk, il locale tempio del fai-da-te. Tra scaffali pieni di attrezzi e materiali, trovammo finalmente i tappi della misura giusta e una chiave che sembrava fatta apposta per il nostro rubinetto recalcitrante.
Tornati a casa, ci mettemmo subito al lavoro. Con la nuova chiave, il rubinetto provò a opporre ancora un'ultima strenua resistenza e infine si arrese.
"Ecco, così va meglio," dissi, sentendo l'acqua scorrere finalmente nei tubi.
"Adesso mettiamo il tappo," disse Gabriele, avvitando con cura il nuovo tappo sul tubo. "E speriamo che questa volta sia la misura giusta."
Con il tappo finalmente al suo posto, ci sentimmo come se avessimo conquistato un'altra piccola vittoria.
Giusto prima di pranzo.
Lucia, infatti, con la maestria di un'artista del fuoco, si era già messa all'opera per accendere la carbonella. Con l'aiuto della diavolina, creò una piccola pira che avrebbe fatto invidia a un druido celtico.
"Non c'è niente di meglio," dissi, respirando a pieni polmoni l'aria fresca e profumata. "Il barbecue è la quintessenza della felicità."
Il barbecue, con il suo fumo aromatico e il crepitio della carbonella, ha un potere magico. Ti fa sentire libero, quasi selvaggio, come se fossi tornato ai tempi in cui l'uomo cucinava la carne su un fuoco all'aperto, circondato dalla natura. E in un paesaggio bellissimo come quello che avevamo davanti, con le colline che si estendevano all'orizzonte e il cielo azzurro sopra di noi, la sensazione di gioia e libertà era amplificata.
"Non c'è niente di meglio che un buon fuoco per cuocere i wurstel."
Quando i wurstel furono pronti, li adagiammo su dei panini freschi e fragranti. Il contrasto tra la croccantezza del pane e la succulenza dei wurstel cotti alla brace era semplicemente divino. Ogni morso era un'esplosione di sapori, con il gusto affumicato della carne che si mescolava alla morbidezza del pane.
"Questi wurstel sono fantastici," disse Gabriele, mordendo con gusto il suo terzo panino.