Dopo pranzo, sotto al portico stalla, gustando un caffè ancora caldo mi sentivo l'uomo più ricco del mondo. Ma la vista di alcuni cardi mi disturba.
C'è un piccolo rito che ti fa sentire ricco con poco. È il rito del caffè dopo pranzo. A Ganaghello non abbiamo ancora una cucina, ma Lucia quella mattina, prima di partire, aveva avuto la grande idea di preparare una caffettiera e di versarne il contenuto in una borraccia termica. E così, dopo pranzo avevamo il nostro caffè, ancora caldo. A me piace con latte e zucchero e anche questi ingredienti non mancavano.
Insomma in quel momento, sotto al portico stalla, davanti a un paesaggio meraviglioso, ero l'uomo più ricco del mondo.
Stavo gustando l'aroma del mio caffè a piccoli sorsi quando, sollevando lo sguardo oltre l'orlo della piccola tazzina di ceramica, la vista si ingarbugliò in alcuni cardi nel prato davanti stalla.
“Ora vi aggiusto io” pensai terminando di sorseggiare il caffè, improvvisamente diventato un po' più amaro.
Mi alzai dalla sedia e imbracciai il badile.
“Ci risiamo” sussurrò Lucia.
Spinsi la pala nel terreno proprio vicino al fusto del cardo che mi superava abbondantemente in altezza. Protestò protendendo le sue spine verso di me, ma non mollai. Diedi qualche altra pedata alla pala con il piede andare più in profondità e poi spinsi il manico verso il basso per fare leva. Una zolla di terra si sollevò e il cardo cominciò a reclinarsi.
Nelle mia testa risuonò un “cadeee”, come se a cadere fosse una sequoia.
Stavo per ripetere la stessa operazione su un'altra pianta quando mi sembrò che l'aria vibrasse. Dapprima in modo impercettibile, poi a poco a poco crebbe un rombo gutturale finché riconobbi il suono di una moto.
“È arrivato Andrea” dissi al mio pubblico che stava osservando lo spettacolo dell'abbattimento dei cardi.
Notai il loro sguardo interrogativo mentre tornavo a gran passo verso di loro.
“È arrivato Andrea” ripetei “sentite la moto?”
Allora fecero caso al suono che tamburellava l'aria mentre la Triumph faceva il suo ingresso nell'aia con Andrea e Elisabetta in sella con eleganti tute nere.
Ci radunammo intorno alla moto per dar loro il benvenuto.
“Wow, avete fatto un sacco di lavoro qui” commentò Elisabetta guardandosi intorno.
“Ci stiamo provando” replicai, invitandoli a sedere e offrendo loro qualcosa da bere.
Andrea sperava in una bella birra ghiacciata, ma il massimo che potevamo dar loro era acqua tiepida o il caffè caldo.
Dopo un po' di convenevoli tornai ad occuparmi del cardo che avevo temporaneamente risparmiato. Un altro colpo di pala e anche questo cadde. Il caldo tuttavia ebbe la meglio e decisi che per il momento era abbastanza, tornai così verso i nostri ospiti.
Ci dev'essere un naturale gioco delle parti scritto nel DNA di noi esseri umani, tra fratello maggiore e fratello minore. Una sorta di copione che deve essere rispettato per evitare che l'intero universo collassi. I fratelli maggiori sono pronti a difenderti contro tutto e contro tutti, anche se hai torto e le meriteresti di santa ragione. Ma nel momento in cui tutto è tranquillo sono i primi a punzecchiarti.
“Com'è che funziona, Giorgio? Un cardo e poi mezz'ora di riposo?” lanciò la sua frecciatina che incassai senza sforzo e mi lasciai andare su una sedia. Versai un calice d'acqua fresca e, sollevandolo, brindai alla sua salute: “prosit”.